Intervista a Raffaella Bendi

Benvenute e benvenuti a questa puntata di “Le donne dell’eGrocery”. Io sono Francesca Basso, Digital & Communication Manager di Digitelematica, e oggi qui con noi c’è Raffaella Bendi, eCommerce Advisor in Alì Spa.

Francesca: Ciao Raffaella e benvenuta

Raffaella. Ciao e buona giornata.

Francesca: Ci parli un po’ del tuo lavoro, di quello che fai all’interno dell’azienda per cui lavori, ma anche al di fuori di questa azienda.

Raffaella: Benissimo, allora io lavoro attualmente per Alì Supermercati che è un’azienda della zona di Padova, del Veneto, e siamo presenti nel territorio con 114 punti vendita e con i progetto di spesa online che si chiama Aliperme.it. Attualmente sono eCommerce Advisor, quindi sto seguendo tutta la parte di customer experience, quindi la customer experience dell’utente e tutti i suggerimenti per l’innovazione, per le attività di innovazione che si possono svolgere sempre nel canale digitale e nell’ecommerce della spesa online e tutta la supervisione anche dell’usability, del front end del sito di Alìperme. 

Prima di arrivare a questo ruolo di advisor ho fatto la parte di eCommerce manager come startupping del progetto nei tre anni precedenti, quindi dal 2017 al 2020.

Fare lo startupping di un progetto innovativo all’interno di un’azienda GDO è una sfida molto importante e molto impegnativa. Questa cosa però ha portato alla creazione di un team, un team di 4 persone all’inizio e poi man mano adesso siamo in tantissimi perché ci sono le persone che hanno iniziato a lavorare in magazzino, i picker nei negozi, l’ampliamento delle competenze anche a livello di azienda. Quindi diciamo che l’ecommerce sta servendo ad Alì per fare quella che è la Digital Transformation, una sorta di passaggio importante all’interno dell’azienda. Questo è il mio ruolo.

Francesca: Perfetto. Grazie mille. E parlando di influenze, dato che comunque hai fatto un percorso importante, hai avuto delle influenze da cui, magari, hai imparato delle lezioni o qualcosa d’importante che poi ti è servito per il tuo lavoro successivo?

Raffaella: Sì, diciamo anche io ho la fortuna che mi piace tanto curiosare, leggere, informarmi e avere mille occhi, mille scenari. Sicuramente ritengo importante un’influenza per l’eCommerce, quella anche più facile da indicare, di Jeff Bezos con Amazon. Quindi il progetto Amazon è sempre comunque un punto di riferimento per chi vuole fare eCommerce e lo vuole fare bene.

Sostanzialmente il one click è per me un punto importante per far sì che l’usability del sito e del flusso di acquisto del cliente sia molto veloce ove possibile, appunto, per  agevolare un processo di conferma d’ordine in maniera molto veloce e fluida.

Sostanzialmente il one click è per me un punto importante per far sì che l’usability del sito e del flusso di acquisto del cliente sia molto veloce ove possibile, appunto, per  agevolare un processo di conferma d’ordine in maniera molto veloce e fluida.

L’altro insegnamento importante sempre nel contesto di Amazon è anche l’importanza del customer care dove tutta la relazione con il cliente, la relazione che può essere sia di risolvere un problema, ma anche di supporto alla vendita, è fatta dal customer care.

Oltre all’importanza di Bezos e di tutto l’ambiente Amazon, dalle indicazioni del customer care come supporto alla vendita, alla gestione delle delle lamentele, l’altra influenza che ritengo assolutamente importante in tutto l’operato di cui mi trovo a lavorare è Daniel Kahneman e tutto quello che è la fluidità cognitiva. Quindi nello scegliere, nello studiare i processi e anche il labeling nel sito e nei testi che si presentano al cliente ci sia sempre una coerenza, un uso dei termini appropriato, chiaro e sempre costante. Quindi se parliamo di numero d’ordine, parliamo sempre di numero d’ordine e non parliamo magari di altro: numero della spesa o altro. Quindi cercare di facilitare ai clienti i vari step, gli step di processo di acquisto, step di processo di ritiro, di consegna… Quindi una forte forte attenzione alla semplificazione.

E a questo punto mi riallaccio anche al terzo elemento che influenza molto la base dell’experience, ovvero la piramide della customer experience, che io ho trovato per la prima volta in un libro di Kerry Bodin, dove alla base della piramide troviamo la soddisfazione del cliente come mindset base importante, poi la facilità e in testa che sia un’esperienza piacevole. Questi sono i tre elementi chiave per far sì che ci sia l’attenzione e quel punto di vista sempre molto molto attento, che sia tutto facile e ove possibile anche piacevole nei confronti del cliente e non solo nel sito ma anche in tutto il processo di consegna. Quindi fare eCommerce, per me, non è progettare il frontend o progettare un bel sito, ma è anche progettare tutto il percorso di acquisition, di conversione, ma anche di delivery, la delivery è fondamentale nel processo, la preparazione della spesa, la qualità di consegna e tutti i dettagli che ci stanno nel percorso di quello che è una vera spesa online.

Francesca: Grazie grazie anche per queste citazioni importanti che poi andremo a studiarci e ad approfondire sicuramente. Passo alla domanda successiva e magari la unisco anche a quella dopo. Quali ritieni siano le chiavi essenziali per il successo della vendita al dettaglio di prodotti alimentari nel 2021, quindi oggi e nel prossimo futuro e le maggiori sfide per i l’eGrocery quindi per l’eCommerce food.

Raffaella: Siamo ormai sulla scia di quello che è un 2020 che cambia un po’ registro quindi, ovviamente, avere un canale online fa sì che la vendita di alimentari sia in parte sdoganata attraverso questo strumento. Gli scettici che prima non volevano fare la spesa online, perché comunque reputavano che fosse solo una condizione da svilupparsi all’interno dello store, si sono trovati a provarla e quello è bello, che gli scettici poi si sono trovati a essere i primi a fare un “mai più senza” della spesa online. Quindi a scoprire che, di fatto, la preparazione della spesa fatta dal personale all’interno del negozio con estrema attenzione, qualità e con lo stesso controllo delle scadenze, il controllo dell’imbustamento, tutte quelle accortezze che il cliente ci mette, le ritrova anche quando lo fa il nostro personale. I picker sono altamente formati con dei vademecum importanti per far sì che facciano la spesa con la massima, massima attenzione. Quindi assolutamente il 2021 è avere questo strumento. 

…gli scettici poi si sono trovati a essere i primi a fare un “mai più senza” della spesa online.

La sfida maggiore che vedo per l’eGrocery dei prossimi anni, non del ‘21, ma forse un po’ più avanti, occupandomi anche di innovazione, è il Voice Order quindi tutto quello che può essere ordinato tramite i nuovi strumenti come Alexa, come Google Mini che ci troviamo in casa e che ormai sono strumenti sempre più digitali. Questi strumenti ci portano ad avere delle interazioni vocali e fare la spesa in un futuro prossimo e non troppo lontano (ma non credo in Italia nel 2021) sarà quello di ordinare e fare una conversazione audio con un voice device o anche WhatsApp per fare l’ordine della propria spesa e poi arrivare a completarlo

Un’altra sfida ancora più importante: io sono un fan di quello che è tutto l’universo “dato” e mi ricollego a quello che ho visto in una conferenza di Cosimo Accoto in cui ci parla di cosa sarà il futuro dei dati. I dati saranno tutti predittivi. Attualmente o comunque nel passato usavamo fare analisi del dato su un dato incamerato e acquisito. Poi ci siamo mossi sul dato che diventava real time e nel futuro andremo sul predittivo. Quindi futuro è già presente attualmente anche con tutte le intelligenze artificiali. Ma la spesa si muoverà in tutto quello che sarà il capire i nostri consumi, faremo le basket analysis e diremo al cliente: “Guarda che hai finito o stai per finire il latte. Vuoi ordinarlo? Se ordini entro un’ora per domani mattina potrai averlo”. 

Adesso gli scenari che si possono disegnare sono molteplici, ma secondo me la spesa si configura in due grandi contesti d’uso: quello della spesa noiosa e quello della spesa divertente. Quando noi entriamo in un supermercato, ma anche quando stiliamo la lista della spesa, abbiamo le solite cose da comprare che sono sempre i soliti biscotti, la pasta, sempre la solita, sempre il solito yogurt o altro. E poi tutto quello che viene come acquisto d’impulso quando ci troviamo all’interno dello store: magari vediamo qualcosa che ci fa voglia e vogliamo comprarlo, che sia la frutta, che sia nel reparto gastronomia o al reparto macelleria e da lì si scatena lo stimolo dell’acquisto più di pancia e più divertente. 

Quindi soprattutto per la spesa noiosa, quella che io chiamo noiosa, ma di fatto è il 70% di quello che compriamo, l’essenziale, è anche spesso ripetitiva e sulla ripetizione di questi usi e di questi consumi bisognerebbe fare quella che proprio è la brand promise di Alì: “Alì migliora la vita”, la spesa online migliora la vita e quindi tangibilmente creare quelle che sono delle azioni push di aiuto. Dire quindi: “Cosa ti manca? Lo so già! Vuoi che mettiamo a carrello?”  e i cliente fa solo un’accettazione dell’idea o della proposta di acquisto. 

Faccio anche altri scenari. L’importante è ricordare che non tutto è solo digitale. C’è una forte componente di empatia, di gentilezza che fortunatamente nei nostri negozi e come ultimo elemento di contatto, nella delivery, ci viene sempre riconosciuto al 90% da tutti i clienti. La gentilezza e l’empatia del personale che comunque ti dà quella fase di calore finale in cui la spesa online non si risolve solo in uno strumento digitale ma anche in un rapporto di sorriso, di garanzia e di disponibilità anche

…la spesa online non si risolve solo in uno strumento digitale ma anche in un rapporto di sorriso, di garanzia e di disponibilità.

Ultimo elemento importante è soprattutto mantenere la sicurezza perché la sicurezza sarà fondamentale. Da qui ai prossimi anni dovrà essere tenuta in considerazione sia per le preparazioni della spesa online, ma anche in store e tutti quei sistemi di accortezza che fanno sì che il cliente si senta in una situazione di comfort e non in difficoltà. 

Quindi le sfide e gli elementi essenziali talvolta si sovrappongono, ma alcune sfide sono state scatenate dalla pandemia, dal Covid-19, e sono state anche fortunatamente intraprese.

Il Covid-19 ha agevolato le aziende che avevano già almeno un format impostato di spesa online e hanno cavalcato un’onda. Fortunatamente sì. Fortunatamente c’eravamo e ci ha permesso anche di svilupparla. Svilupparla anche con il Click&Collect, quello ha dato una forte capacità di espansione durante il periodo di emergenza. Di fatto noi a inizio pandemia eravamo sui 15 negozi, siamo arrivati ad ora che siamo a quasi 50. Quindi il Click&Collect sicuramente è un modello che ha avuto una nuova vita, data da questa situazione un po’ critica, però ha rivisto una capacità di rispondere a una domanda in maniera molto più adattabile che il solo delivery perché magari più oneroso e più difficoltoso da sviluppare in tempi brevi.

Francesca: Benissimo. Grazie. Grazie per tutti questi spunti. Queste parole chiave che poi dovremo organizzare e su cui riflettere, sulle persone, sull’umanità comunque del processo nonostante appunto si parli di digitale. Quindi ci hai detto delle cose molto interessanti e ti ringrazio. A proposito di pandemia ti faccio questa domanda sul periodo che abbiamo vissuto e che stiamo comunque ancora vivendo. La pandemia ha accelerato il processo di digitalizzazione, come abbiamo detto e come hai raccontato, imponendo alle aziende di essere sempre più agili, flessibili e pronte al cambiamento. Nel contempo lo smart working o comunque il lavoro da remoto è diventata la modalità lavorativa. Quindi tu da manager e da donna, come hai vissuto e stai vivendo questa nuova normalità se così possiamo chiamarla. Quali sono i vantaggi e le sfide o comunque i pro e i contro di questa soluzione. Qual è il tuo punto di vista?

Raffaella: Diciamo che io gioco in casa. Nel vero senso della parola. Già prima avevo la fortuna di poter avere il mio spazio dedicato a casa e trovarmi e ritagliarmi i miei tempi per lavorare in un contesto meno caotico dell’ufficio. Sicuramente è caotico quando i bambini non sono a scuola, ma se si è tutti a casa in lockdown allora è un’altra cosa. 

Io adoro lo smart working perché comunque mi permette di concentrarmi bene su una cosa e farla bene e in minor tempo. Perché di fatto è anche quello lo smart working: è l’isolamento da disturbi o da situazioni in cui ci suona sempre telefono in ufficio o entra qualcuno e ti deve parlare o hai sempre qualche cosa che ti distrae. Io personalmente dello smart working apprezzo molto la capacità di essere concentrati su una cosa. 

Apprezzo anche molto la puntualità delle riunioni. Perché io non ho capito cosa scatta adesso nelle persone, ma quando c’è una video call sono sempre puntuali. Si ottimizza meglio il tempo e si arriva quasi sempre prima al dunque. Quindi vedo riunioni più efficaci ed efficienti. La controparte è che porta i nodi al pettine per le aziende che non riescono a saper governare lo smart working cioè, mi spiego meglio: credo che lo smart working sia la cosa adatta a quelle aziende che sono capaci di gestire bene i task delle persone. Cosa vuol dire? Un bravo project manager sa sempre cosa stanno facendo le risorse e sa anche quanto tempo impegna un determinato operato, si fanno delle stime di quantificazione delle giornate e altro. Quando un project manager ti vuole sempre sott’occhio vuol dire che ha fiducia solo che tu lavori solo quando sei davanti a lui. E questo un po’ credo sia una vecchia scuola come approccio. Lo smart working non deve per forza nascere con “sto le mie otto ore davanti al computer” perché allora vuol dire che ci sono. Io ho dei task che devo risolvere e posso risolverli nel mio tempo lavorativo con degli obiettivi. Ovviamente chi mi dà quei task deve sapere che ci vuole tot tempo per svilupparli.

…credo che lo smart working sia la cosa adatta a quelle aziende che sono capaci di gestire bene i task delle persone.

Le quantificazioni per eseguire un task assegnato, facendo lo smart working, sono più affidabili che quelle fatte magari in ufficio. Perché, ribadisco, anche in tutta quella che è l’ottica di gestione “agile” si riesce, magari, a mettere più sequenzialità al task che si sta facendo e questo, dati e ricerche alla mano, è più efficace e ottimizza meglio il lavoro fatto nelle tempistiche corrette. Fare spesso molte cose contemporaneamente con tante distrazioni porta a quello che ha un deficit, delle perdite, di attenzione e anche di carico del tempo per farle tutte insieme parallelamente. Quindi ben venga. Sicuramente, e lo dico come donna, avendo i bambini a casa invece cambia la situazione. Quindi diventa meno gestibile o meno facile da organizzare anche se comunque ci si riesce volendo. Ci si riesce comunque senza problemi.

Francesca: Abbiamo sperimentato tutti in questo ultimo anno questa situazione e grazie per il tuo pensiero che comunque ogni persona ha vissuto questa modalità di lavoro in modo differente. Non tutti sono sono stati in grado di affrontarla nel modo migliore oppure, al contrario, sono riusciti come hai detto tu, a ottimizzare il loro tempo e a lavorare meglio senza distrazioni. L’unica cosa che aggiungo, ad esempio, la nostra azienda è un’azienda composta da ragazzi giovani quindi l’ufficio sicuramente è un luogo in cui incontrarsi e creare quella socialità e quello scambio che in questo ultimo anno sono venuti un pochettino a mancare.

Raffaella: Non vi è dubbio su questo che rafforza anche il team. Però, sicuramente, l’equilibrio è la cosa migliore: magari ci sono delle giornate in cui si può lavorare insieme,  così si ritrova anche lo stimolo di progetto, ma di fatto, anche lavorando da casa poi si riesce a equilibrare e a confrontarsi. È un mix, un mix sempre tra ufficio a casa. Sono convinta di questo.

Francesca: Benissimo. Grazie. Ti faccio l’ultima domanda. Sarebbero le ultime due che anche in questo caso unisco. Hai qualche consiglio, in generale, per le donne che lavorano nell’ambito dell’eGrocery e quindi che affrontano un percorso simile al tuo? C’è un messaggio che vuoi lasciare alle nuove generazioni di ragazze che affronteranno il mondo del lavoro magari per la prima volta.

Raffaella: Dò consigli sulla mia esperienza. Non sono un guru per poter dire qual è  la strada maestra da seguire. Sicuramente dico che ci sono delle peculiarità che sono più o meno femminili, ma non sono esclusive, ovvero il fatto di avere la capacità di vedere le cose anche da più sfaccettature.

Io occupandomi di customer experience ho comunque una fortissima attenzione nel capire come si concatenano tra di loro tutti gli elementi per creare un customer journey verso il cliente omogeneo, coerente e quindi una visione proprio di regia, dell’insieme delle cose. E la capacità di mettere insieme le cose da più sfaccettature, non avere solo una strada ma anche più opzioni A, B e C e riuscire a costruire il film dello scenario, del percorso di acquisto e di processo e cliente, ritengo sia una un’indole per le donne, per le ragazze, da sviluppare e da da utilizzare come strumento professionale e vincente

Sicuramente la capacità sempre di mettersi in gioco, di migliorarsi sempre, di voler cercare anche il feedback più del cliente che dei colleghi. Saper mettere sempre in discussione quello che si è fatto, ma andare a dire: “il clienti al mio capo e voglio capire cosa mi consiglia di fare”, come posso migliorare qualcosa che ho fatto, che posso fare, che posso avanzare o portare indietro. Di non aver paura di relazionarsi direttamente col cliente.

Nella fase iniziale del progetto di Alìperme abbiamo proprio fatto delle telefonate alle prime spese dei clienti ogni volta che aprivamo un punto di ritiro Click&Collect, per raccogliere, dal viva voce, il percorso e il feeling del cliente. Non solo le cose positive, ma anche tutte quelle che nelle personas si identificano come le barriere, le criticità. Quindi andare a sollevare quelle cose non dette che spesso non vengono rilevate dai sondaggi di Customer Care o di Customer Satisfaction semplici con dei punteggi. 

Volevamo comprendere cosa frustrava il cliente, che fosse nella registrazione, che fosse nel pagamento, ma anche nella scelta dei prodotti, nell’assortimento, cioè dare spazio al cliente per far sì che sia anche lui collaborativo nel miglioramento. Si parla sempre di quello che è il kaizen come processo di crescita e di miglioramento, appunto, e secondo me è donna, uomo che sia nel grocery, è importante da farsi perché la vendita online di tutti i prodotti alimentari non è una vendita semplice come un delivery di un pacco Amazon che lasci sull’uscio, è sempre della merce che arriva sulle nostre tavole e deve essere curata nei minimi dettagli e con la forte attenzione nella catena del freddo. 

Quindi ci sono tante, tante situazioni in cui si può migliorare che possono essere le sostituzioni, le gli orari degli slot ecc. Racconto questo aneddoto bellissimo. Bellissimo ovviamente con il senno di poi. Durante il lookdown avevamo il cambio degli slot, l’apertura degli slot (gli slot sono le fasce orarie a disposizione dei clienti per prenotarsi la consegna della spesa) che si aprivano, per la settimana seguente o comunque per le prima disponibili, a mezzanotte e quindi avevamo le “Cenerentole” di mezzanotte: persone che ci dicevano che a mezzanotte si mettevano lì, si prenotavano la loro possibilità di ritiro spesa con noi e ci raccontavano gli aneddoti. Chi stava sveglio, chi si metteva una sveglia, quindi quel vissuto in cui anche i clienti hanno voglia di raccontarti com’era il loro quotidiano per vivere questa situazione. Ovviamente questo ci ha fatto pensare che dovessimo cambiare l’orario di apertura degli slot, è vero che durante il lockdown magari non si avevano altre cose da fare, però metterlo in un altro orario agevolava molto la vita dei clienti.

Un altro consiglio è comunque di mettere sempre quella che si dice, di base, la passione e so che le donne, se se si innamorano di un progetto e ci investono tantissimo, diventano veramente legate a compassione, come se fosse un loro progetto, un loro figlio, dare anima e attenzione a portarlo avanti sicuramente con tutto quello che ci vuole come amore per le cose.

E infine voglio chiudere solo con un messaggio che noi abbiamo sempre usato nel nostro team, dai primi anni di sviluppo. Un messaggio che ci siamo scritti sui finali dei Power Point. Perché è così che ho voluto impostare comunque il lavoro: 

L’eccellenza non è il nostro standard ma è il nostro punto di partenza. 

Quindi voler sempre essere puntuali, migliori, le cose fatte bene, un’estrema attenzione e non aver paura di ricercare l’eccellenza perché va fatta. Se fai le cose in maniera eccellente o comunque hai dato il massimo perché siano eccellenti, sei sicuro che il cliente lo apprezza e questo fa sì che porti con sicurezza alle vendite e alla fidelizzazione. Perché, ricordiamoci, che la maggior soddisfazione è comunque la fidelizzazione al servizio che è una delle maggiori risposte se un progetto è andato bene.

Francesca: Grazie davvero per aver aderito a questo nostro progetto, ti ringrazio e ti saluto.

Raffaella: Grazie a te Francesca, per me è stato veramente un onore. Se ci saranno altre occasioni ci sentiremo.